Torna Ponzia, approfittando che siamo tutti a mare, ha rotto la finestra del retro e si è impossessata del blog. Un bel pezzo caldo, per tempi caldi.
“Bravo! Vattene pure, tanto non sei presente neanche quando sei in casa!”
Lo schiaffo che non mi ha dato mi ha colpito lo stesso, nell’istante preciso in cui è uscito sbattendo violentemente la porta di casa; l’ho sentito bruciarmi in faccia.
Sono sola dentro questo silenzio ronzante, colmo di echi violenti. Non ce la faccio a reggerlo, mi da la nausea dell’angoscia, quella che si placa solo dopo aver bevuto. Bevuto molto.
Esco. A piedi perché ti sei preso la macchina e ne abbiamo solo una: egoista di merda!
Continuo a parlare con lui, assente perenne, “ma che si fotta!”, e cammino cercando un pub o qualsiasi altra cosa gli somigli.
Poca strada ed eccolo: un’oasi di alcolici e sconosciuti indifferenti. Un luogo del tutto anonimo; non una bettola terrificante e sinistra, ne un locale bello e arredato bene.
Un posto beige, perfetto. Un bevitoio.
Al banco, seduta su un treppiedi da suicidio dell’ubriaco, punto l’indice verso una bottiglia a caso e chiedo “quello” al ragazzo che serve da bere.
Bevo d’un fiato, come nei migliori e peggiori film di qualunque nazionalità, ma il liquido, che da prassi dovrebbe bruciarmi la gola, invece scende come una carezza ed è dolce,non brucia affatto.
La medicina è buona, mamma.
Un altro e lo stomaco smette di pensare.
Un altro e… “uno anche per me”. Col bicchiere incollato alle labbra ruoto gli occhi, poco interessata. Una donna giovane, molto più giovane di me, prende il suo bicchiere, identico al mio e manda giù lo stesso mio liquido, alla stessa mia velocità.
Però… brava, cazzo!
Ci guardiamo, ci facciamo un semi-sorriso di non belligeranza. Due ebeti alla stessa velocità di caduta.
Il quarto bicchiere lo ordiniamo insieme e, come copione, lo beviamo insieme. Campionati di ubriacatura sincronizzata con affogamento finale?
Perdo il conto; stanotte so contare solo fino a quattro. Sono ubriaca, ma sono stata brava, non ho mischiato vari alcolici e nemmeno lei. Potrei avere perfino dei pensieri di senso compiuto. Se ce ne fosse bisogno, beninteso.
Credo sia quello che pensano tutti gli ubriachi.
“Usciamo?” mi chiede
“per andare…?”
“Prendiamo un po’ d’aria nel parco qui di fronte”
Troppo alcool per sentire paura e poi: paura di che? Credo sia quello che pensano tutti gli ubriachi.
“Sì, usciamo”
Scendiamo dai trespoli; il pavimento è molle, giuro che è molle!
Ci teniamo sotto braccio e –quasi- camminiamo. Non siamo mica due ubriachi abitudinari e rozzi, noi. Ci teniamo sotto braccio, mica ci aggrappiamo l’una all’altra come fate voi ubriaconi del sabato sera! E poi oggi è giovedì, perlomeno era giovedì quando sono uscita di casa.
Il parco è davvero di fronte al pub; siano ringraziati tutti i santi bevitori! Sempre siano ringraziati! C’è anche una bella – era bella, credetemi, la più bella che abbia mai visto – panchina dove svenire in caso di attacco pre-morte alcolica.
Allargo le braccia poggiate sul sedile della panchina (ma quant’è bella!), la mia testa va all’indietro senza chiedere alcun sostegno alla mia volontà cosciente.
Silenzio.
Silenzio.
Sto per addormentarmi ma sento che tu ti avvicini e i miei occhi non si aprono.
Un bacio sul collo…ma che cazz…? Spalanco gli occhi e li sparo nei tuoi.
Strani organi gli occhi, prima erano incollati dal sonno, ora non potrei chiuderli per niente al mondo e vedono solo ed esclusivamente te.
Sei imbarazzata, moltissimo, e io sono incazzata; quel bacio mi è piaciuto, ma com’è possibile?!
Mormori qualche cosa, delle scuse mi pare. Mi incazzo ancora di più perché hai abbassato gli occhi, ma io non avevo finito di starli a guardare!
Hai occhi belli, mia cara. Mia cara??? Ditemi che cosa sta succedendo qui…ma siete matti? Non voglio saperlo, non rispondetemi! Fatevi un po’ i cazzi vostri.
Siamo ad una distanza che qualunque popolo troverebbe sconveniente fra due estranei. Distanza intima, praticamente nulla.
Troppo vicine le sue labbra. Troppo.
Dov’è finita la mia rabbia? Sono confusa; la rabbia potrebbe fare comodo al Grillo Parlante che mi urla in testa: o lo rinforza o lo ammazza. Fottiti, Grillo, io la bacio.
Le sfioro le labbra con le mie più volte. Lei trema.
Tira fuori la lingua, ma lentamente, non me la ficca in bocca con l’urgenza di penetrazione che ho conosciuto finora. La sua lingua accarezza le mie labbra fino a farle socchiudere. Le nostre umide complici si incontrano e si intrecciano nella danza del bacio. Ora è il mio turno di tremare.
Questi baci, alieni e inaspettatamente familiari, mi inondano di una sorta di nostalgia naif, ma infine tanto naif non devo essere, perché mi accorgo solo ora di avere un mano sotto la sua camicetta che la accarezza ovunque e, con l’altro braccio, la tengo stretta a me.
Anche lei con una mano mi accarezza i capelli, dirigendo la sinfonia nella mia testa, e con l’altra mi esplora il seno. Ho un seno smisurato confronto al suo, ma per quanto diverso possa essere per forma e dimensione, lei sa cosa si prova muovendosi in un certo modo. Accidenti se lo sa!
Non ho la più pallida idea di quanto siano durati i baci e le carezze fra noi, di sicuro però la sbronza è passata ad entrambe. Non siamo più innocenti.
Ci fermiamo, eccitatissime e impotenti “qui cosa si può fare? “troppo rischioso” “ma tu come ti chiami?” “mi dai il tuo numero di telefono? “Quando ci rivediamo?” “sei bellissima” “sei bellissima” “torniamo a casa ora”.
Un piccolo tratto di strada insieme,allacciate una all’altra e chiacchierando di tutto. Un’intimità folle mentre torniamo entrambe dai nostri compagni; ci siamo raccontate anche questo. Siamo diventate due amanti in attesa di compimento.
Proviamo a separarci:
“quando ci sentiamo?” “ci vediamo presto?” “ciao” “un bacio e poi andiamo” “ciao” “chiamami” “mi manchi già” “ciao” “un bacio ancora” ciaociaociaociao…..
Ogni passo mi avvicina a casa, ormai è questione di attimi.
Lui mi vedrà molto “spettinata”; è uno stronzo, ma per niente stupido, eppure questa volta non capirà, quando alle sue accuse, urlate dapprima e timorose man mano, io risponderò con una sicurezza che non mi conosce ancora, reggendo il suo sguardo indagatore come solo chi è sincero può fare: “Credimi, non c’è stato nessun altro uomo”.
ponzia
“Bravo! Vattene pure, tanto non sei presente neanche quando sei in casa!”
Lo schiaffo che non mi ha dato mi ha colpito lo stesso, nell’istante preciso in cui è uscito sbattendo violentemente la porta di casa; l’ho sentito bruciarmi in faccia.
Sono sola dentro questo silenzio ronzante, colmo di echi violenti. Non ce la faccio a reggerlo, mi da la nausea dell’angoscia, quella che si placa solo dopo aver bevuto. Bevuto molto.
Esco. A piedi perché ti sei preso la macchina e ne abbiamo solo una: egoista di merda!
Continuo a parlare con lui, assente perenne, “ma che si fotta!”, e cammino cercando un pub o qualsiasi altra cosa gli somigli.
Poca strada ed eccolo: un’oasi di alcolici e sconosciuti indifferenti. Un luogo del tutto anonimo; non una bettola terrificante e sinistra, ne un locale bello e arredato bene.
Un posto beige, perfetto. Un bevitoio.
Al banco, seduta su un treppiedi da suicidio dell’ubriaco, punto l’indice verso una bottiglia a caso e chiedo “quello” al ragazzo che serve da bere.
Bevo d’un fiato, come nei migliori e peggiori film di qualunque nazionalità, ma il liquido, che da prassi dovrebbe bruciarmi la gola, invece scende come una carezza ed è dolce,non brucia affatto.
La medicina è buona, mamma.
Un altro e lo stomaco smette di pensare.
Un altro e… “uno anche per me”. Col bicchiere incollato alle labbra ruoto gli occhi, poco interessata. Una donna giovane, molto più giovane di me, prende il suo bicchiere, identico al mio e manda giù lo stesso mio liquido, alla stessa mia velocità.
Però… brava, cazzo!
Ci guardiamo, ci facciamo un semi-sorriso di non belligeranza. Due ebeti alla stessa velocità di caduta.
Il quarto bicchiere lo ordiniamo insieme e, come copione, lo beviamo insieme. Campionati di ubriacatura sincronizzata con affogamento finale?
Perdo il conto; stanotte so contare solo fino a quattro. Sono ubriaca, ma sono stata brava, non ho mischiato vari alcolici e nemmeno lei. Potrei avere perfino dei pensieri di senso compiuto. Se ce ne fosse bisogno, beninteso.
Credo sia quello che pensano tutti gli ubriachi.
“Usciamo?” mi chiede
“per andare…?”
“Prendiamo un po’ d’aria nel parco qui di fronte”
Troppo alcool per sentire paura e poi: paura di che? Credo sia quello che pensano tutti gli ubriachi.
“Sì, usciamo”
Scendiamo dai trespoli; il pavimento è molle, giuro che è molle!
Ci teniamo sotto braccio e –quasi- camminiamo. Non siamo mica due ubriachi abitudinari e rozzi, noi. Ci teniamo sotto braccio, mica ci aggrappiamo l’una all’altra come fate voi ubriaconi del sabato sera! E poi oggi è giovedì, perlomeno era giovedì quando sono uscita di casa.
Il parco è davvero di fronte al pub; siano ringraziati tutti i santi bevitori! Sempre siano ringraziati! C’è anche una bella – era bella, credetemi, la più bella che abbia mai visto – panchina dove svenire in caso di attacco pre-morte alcolica.
Allargo le braccia poggiate sul sedile della panchina (ma quant’è bella!), la mia testa va all’indietro senza chiedere alcun sostegno alla mia volontà cosciente.
Silenzio.
Silenzio.
Sto per addormentarmi ma sento che tu ti avvicini e i miei occhi non si aprono.
Un bacio sul collo…ma che cazz…? Spalanco gli occhi e li sparo nei tuoi.
Strani organi gli occhi, prima erano incollati dal sonno, ora non potrei chiuderli per niente al mondo e vedono solo ed esclusivamente te.
Sei imbarazzata, moltissimo, e io sono incazzata; quel bacio mi è piaciuto, ma com’è possibile?!
Mormori qualche cosa, delle scuse mi pare. Mi incazzo ancora di più perché hai abbassato gli occhi, ma io non avevo finito di starli a guardare!
Hai occhi belli, mia cara. Mia cara??? Ditemi che cosa sta succedendo qui…ma siete matti? Non voglio saperlo, non rispondetemi! Fatevi un po’ i cazzi vostri.
Siamo ad una distanza che qualunque popolo troverebbe sconveniente fra due estranei. Distanza intima, praticamente nulla.
Troppo vicine le sue labbra. Troppo.
Dov’è finita la mia rabbia? Sono confusa; la rabbia potrebbe fare comodo al Grillo Parlante che mi urla in testa: o lo rinforza o lo ammazza. Fottiti, Grillo, io la bacio.
Le sfioro le labbra con le mie più volte. Lei trema.
Tira fuori la lingua, ma lentamente, non me la ficca in bocca con l’urgenza di penetrazione che ho conosciuto finora. La sua lingua accarezza le mie labbra fino a farle socchiudere. Le nostre umide complici si incontrano e si intrecciano nella danza del bacio. Ora è il mio turno di tremare.
Questi baci, alieni e inaspettatamente familiari, mi inondano di una sorta di nostalgia naif, ma infine tanto naif non devo essere, perché mi accorgo solo ora di avere un mano sotto la sua camicetta che la accarezza ovunque e, con l’altro braccio, la tengo stretta a me.
Anche lei con una mano mi accarezza i capelli, dirigendo la sinfonia nella mia testa, e con l’altra mi esplora il seno. Ho un seno smisurato confronto al suo, ma per quanto diverso possa essere per forma e dimensione, lei sa cosa si prova muovendosi in un certo modo. Accidenti se lo sa!
Non ho la più pallida idea di quanto siano durati i baci e le carezze fra noi, di sicuro però la sbronza è passata ad entrambe. Non siamo più innocenti.
Ci fermiamo, eccitatissime e impotenti “qui cosa si può fare? “troppo rischioso” “ma tu come ti chiami?” “mi dai il tuo numero di telefono? “Quando ci rivediamo?” “sei bellissima” “sei bellissima” “torniamo a casa ora”.
Un piccolo tratto di strada insieme,allacciate una all’altra e chiacchierando di tutto. Un’intimità folle mentre torniamo entrambe dai nostri compagni; ci siamo raccontate anche questo. Siamo diventate due amanti in attesa di compimento.
Proviamo a separarci:
“quando ci sentiamo?” “ci vediamo presto?” “ciao” “un bacio e poi andiamo” “ciao” “chiamami” “mi manchi già” “ciao” “un bacio ancora” ciaociaociaociao…..
Ogni passo mi avvicina a casa, ormai è questione di attimi.
Lui mi vedrà molto “spettinata”; è uno stronzo, ma per niente stupido, eppure questa volta non capirà, quando alle sue accuse, urlate dapprima e timorose man mano, io risponderò con una sicurezza che non mi conosce ancora, reggendo il suo sguardo indagatore come solo chi è sincero può fare: “Credimi, non c’è stato nessun altro uomo”.
ponzia
Bello, davvero.
Grazie Muho e scusami, ho letto il commento solo ora :/