Mai divertito così tanto, in attesa dal medico. Devo prolungare mutua due giorni, per tornare poi al lavoro il lunedì che viene.
Accoglienza pazienti dalle 16 alle 18.
Alle 16:05 ho già NOVE persone davanti e il dottore è in ritardo.
Divertentissimo, è stato uno spasso.
Con una media (ottimistica) di 7 minuti a persona, calcolo di riuscire ad uscire da lì dopo così abbastanza tempo per annusare l’aria e cogliere quell’impercettibile ma chiara sensazione che le cose, nel nostro paese, sono ulteriormente peggiorate. È risaputo infatti che in Italia le cose peggiorano un tot all’ora.
In ogni caso il dottore manco c’è, è ancora per i suoi giri oppure a casa sua in mutande, ed io in effetti potrei uscire da lì dopo così abbastanza tempo per rendermi conto che la situazione è oramai degenerata sino alla guerra civile. Non solo in Italia, ma nel mondo intero. Nel frattempo decido di stare lì, imparziale agli eventi che non avvengono.
Intorno a me:
Nove ottuagenari che battibeccano in dialetto.
Neanche un giornale sul tavolino in mezzo alla stanza, solo volantini per smettere di fumare, di bere, di votare.
Allora mi metto a mandare SMS stupidi a qualche amico per passare il tempo, ma l’anzianotto vicino a me, maniche di camicia nonostante i due gradi celsius, gentilmente mi avverte: ehi ragazzo, guarda che è vietato, è vietato usare il cellulare!
Quindi punta il dito dritto a sé e il mio sguardo lo segue verso la porta d’entrata della sala d’attesa: VIETATO l’uso del cellulare, ordina un cartello.
Poi si mette a dire che tutto ciò non è Repubblica, che dovremmo metterci tutti d’accordo a mettere i telefoni sul pavimento e farli suonare tutti insieme. Che chiami i carabinieri! Che li chiami pure il signor dottore! Voglio vedere a chi dà ragione, voglio veder cos’è Repubblica e cosa no, se si osa ancora a mettere certi divieti!
Il tutto senza urlare, ma concitato, rivolto solo ed esclusivamente a me, che ascolto muto il suo saggio delirio.
Voglio vedere cos’è Repubblica!
Che poi è “come le dicono” certe cose, VIE-TA-TO!
Ma si può? Un’arroganza simile?
Quindi attacca che il mondo va sempre peggio, che lui e i suoi quattro amici al bar, quando avevano la mia età, pensavano di cambiare il mondo e invece va sempre più male.
È noiosissimo, continua in loop a ripetere questa cosa della Repubblica, ma io lo reputo già un grande ed è comunque meglio lui come compagno improvvisato di chiacchiere che la rimanenza della gente lì dentro. Specie perché il resto della sala è composto da anziane signore e signoracce che non smettono di lamentarsi, minacciare ripicche e non so che, verso una che è passata davanti a tutte loro, loro che stanno in coda dalle 3 e mezzo.
Una che doveva andare “solo dalla segretaria”.
Eh sì, dice la donna che pare stare a capo della rivolta, colei che fomenta la massa , anch’io dovevo andare “solo dalla segretaria”, ma la segretaria era al telefono ed io stavo aspettando seduta!
Quel-la làaaaa, continua con disprezzo, non ha neanche chiesto se ci fosse qualcuno prima di lei, è entrata e se ne entrata dritta dritta nello studio!
Contemporaneamente l’infame signora che aveva saltato la fila compare in corridoio e sta per incamminarsi via, lungo la sua giornata, prontamente viene fermata dalla madamina incazzata, che così l’apostrofa: E’ vietato l’uso del cellulare!
No, scherzo.
Le dice: Un momento, si fermi! Lei se n’è andata dalla segretaria senza neanche chiedere a nessuno! Non è così che si fa, è una maleducata!
Il vecchietto repubblichino avvicina la sua bocca al mio orecchio e mi dice: Eh ma quella fa sempre così, è la moglie del sindaco di vattelapesca, anche a scuola fa sempre così, me l’hanno detto le mie figlie. A quel punto temo di arrivare a saperne più di quanto realmente mi interessi, ma vengo fortunatamente risparmiato da un ulteriore loop di aneddoti indesiderati e bizzarri commenti.
Intanto l’usurpatrice e scavalcatrice di code che fa sempre così, anche a scuola, abbozza una scusa che a me pare sincera, ma viene aggredita verbalmente da tutto il popolo della terza età in rivolta. Tranne il mio amico che si limita all’insinuazione politica di cui sopra. (E’ la moglie del sindaco! Fa’ sempre così! E la chiamano Repubblica!)
La tipa scappa via, onde evitare di subire il pestaggio da parte dei diversamente giovani, particolarmente esagitati e muniti di minacciosi, vissuti, nodosi bastoni da passeggio, i nonni, e le nonne di secolari borsette dal peso specifico imprecisato, ma sufficiente a tramutare tali borsette in roteanti armi letali. Intanto, alla buon’ora, arriva il dottore e si mette a visitare il primo paziente. L’eccezionale evento ha come conseguenza un improvviso rasserenamento del clima e un abbassamento delle pressioni arteriose.
Il mio nonnino vicino di sedia si alza e va ad aspettare in corridoio, presto tocca a lui e dopo di lui toccherà a me.
Tutto si calma, quindi, e le nonne vendetta rosicchiano le ultime ossa immaginarie di quella maledetta che è la moglie del sindaco, di quel-la làaaa, che c’ha le corna e nessuno la vuole. Insomma, la rivestono di merda in pochissimi minuti.
Io me ne esco in corridoio per non sentire le sconcerie e le maldicenze.
Mi affaccio fuori della sala d’attesa e per poco, con un semplice passo, non faccio secca una nonnina tascabile. Nel senso che questa settantenne era rimpicciolita così tanto durante la sua vita, da sembrare l’ultimo elemento di una matrioska.
È piccolissima, le mani quasi invisibili strette al petto come sgranasse un rosario.
Mi fissa con due grosse e profonde olive nere e mi dice: io invece non mi lamento mai e se qualcuno mi passa davanti, pazienza, faccio solo attenzione a non passare davanti io.
Poi mi fissa con macabra e pacata intensità. Rabbrividisco, roba da mettere a disagio un satanista strafatto di Lsd.
Col massimo rispetto ripenso alle sue parole e le dico di farsi furba, ma lei dice che preferisce così, tanto la gente ha fretta e lei no.
Santissima.
Poi è il suo turno, vedo che le cose stanno andando per le lunghe e le passo davanti.
No, non è vero, ma sarebbe stato bello, invece torno a sedermi in sala d’attesa ed entra lei.
La donna del giorno.
Quarant’anni poco o poco più.
Capelli biondi e sciolti che le accarezzano le spalle.
Eleganza sportiva, bel corpo, un volto serio e freddo, ma si capisce chiaramente che vorrebbe mandare al diavolo tutto, tutta la formalità e tutta la serietà morale in cui è rinchiusa, vorrebbe ridere, scherzare, fare all’amore per ore, ore, ore, con un ragazzo in mutua di sani principi che non approfitta delle vecchine bonsai.
Si mette a parlare un po’ con tutti, tranne che con me.
Scambia battute con tutti, ma non con me, con me non scambia neppure un’occhiata, un rapido incrocio di sguardi.
Ride e scopro che in realtà non ha affatto il volto freddo e severo, per nulla.
Mi rassereno e mi metto a pensare alle mie cose, estraggo un fazzoletto e asciugo la bava ai lati della bocca.
Poi vedo che è quasi il mio turno, mi alzo e resto casualmente fermo in piedi vicino a lei. Si fanno battute su quanto sono veloci le visite da quando è arrivato il dottore, zac zac, un paziente dopo l’altro. Meno male, penso.
Poi dico qualcosa, non volevo divertire, non era una battuta, ma forse poteva sembrarlo, non ricordo cos’ho detto, comunque un paio di persone ridacchiano e fra esse anche la superbionda.
Che è proprio vicino a me, ride, mi giro d’istinto a guardarla, ci guardiamo negli occhi e sboccia l’amore.
No, nulla di così romantico, ci guardiamo negli occhi, lei si avvicina un po’ a me con il corpo, continuando a ridere e, nello sfumare di questa risata, mi prende la mano fra le sue, per un paio di lunghissimi e calorosi secondi, poi la lascia.
A quel punto ho un’erezione.
Un’interminabile, lunghissima, oscena erezione.
Fortunatamente lei non se ne accorge, non se ne accorge nessuno, a momenti non me ne accorgo neppure io , perché è il mio turno e vengo chiamato dal dottore. Esito un breve istante, mi concentro e il mio coso torna giù.
Nell’andarsene via, l’anziano delle prime chiacchiere mi passa vicino, si ferma e mi augura: che ti possano accadere le più belle cose ragazzo! Io gli sorrido e gli stringo la mano. Arrivederci, dico, ricambiando l’augurio.
Poi il dottore mi visita e mi prolunga la mutua.
Me ne vado, la bionda è nell’ufficio della segretaria e non posso salutarla.
Saluto invece la Santissima del posto in fila, che non passa mai davanti a nessuno e che molto devotamente cede a chiunque il suo, di posto. Difatti è ancora lì in quel corridoio, complemento d’arredo dal minimo ingombro.
Le dico: arrivederci, signora. Ma lei abbozza un sorriso e non mi risponde, anzi, mi fulmina con un’occhiata. Visibilmente contrariata.
Me ne vado, sereno e divertito, ma con l’atroce dubbio che forse, a dirla tutta, la mia erezione non è passata del tutto inosservata.
richi selva