Questa settimana, la dedichiamo a Torino. 3 autori, 3 punti di vista geografici, 3 storie. Torino come luogo geografico, ma anche simbolico. Inizia Richi Selva
Questa faccenda della “pianta quadra” gli aveva sempre dato fastidio. Pareva che girare a Torino fosse un gioco da ragazzi, che fosse impossibile perdersi o non riuscire a trovare una via o un locale. “Perché a Torino c’è la pianta quadra”.
Ecco, lui invece per andare in città doveva sempre avere qualcuno al suo fianco, a fargli da navigatore. Meglio ancora se era questo qualcuno a prendere la macchina.
Era sempre stato così, fin dalle prime volte che scendeva giù dai monti alla ricerca di serate metropolitane che spezzassero la monotonia della più imboscata provincia. Imboscata per modo di dire, erano solo una quarantina di chilometri, ma a lui parevano un oceano, e Torino l’America.
Fatto sta che memorizzare la viabilità cittadina gli era sempre stato difficile, ma c’è da dire che il problema lo caratterizzava in ogni dove, anche per le strade che faceva tutti i giorni, quelle che partivano dal suo paese. Ne imbroccava di sbagliate, anche lì. Talvolta si perdeva pure in casa, faceva per andare in bagno e si trovava in balcone. Era convinto di avere una sorta di “malattia” rarissima che colpiva il senso di orientamento. Ma non azzardava ad esporre la teoria con nessuno dei suoi amici, avrebbero potuto dirgli che i deficienti non sono poi così rari.
Si affacciò alla finestra con questi pensieri e si accese una sigaretta. Si voltò a guardare sul divano-letto la sua ragazza che dormiva, sperando di non averla svegliata. L’orologio segnava le 5:05, c’erano ancora ( o soltanto, dipende dai punti di vista ) un paio d’ore di sonno a disposizione. Decise che gli sarebbero bastate quelle due ore, meno il tempo della sigaretta.
Tornò a fissare fuori dalla finestra la Torino che cambiava. Il grande muro verde sotto i suoi occhi divideva il palazzo da Corso Principe, ed era un’eredità temporanea dei lavori per il grande passante ferroviario, dove un tempo correvano le macchine adesso era rimasto un passaggio pedonale largo poco più di un metro. Più su, verso Porta Susa, intravedeva una delle mille deviazioni cittadine che spuntavano come funghi di giorno in giorno, alimentando in continuazione nuovi fantastici ingorghi e nuove originalissime bestemmie da parte degli automobilisti più intolleranti.
Ma tutto ciò lo riguardava ben poco, da un anno a quella parte. Il suo capolinea era lì, in quel palazzo della Torino Nord, e gli bastava sapersi muovere per quelle tre o quattro semplici vie che lo dividevano dall’immediato fuori città, dalla superstrada che collegava la sua valle con quell’appartamento.
Quindi a lui non importava della viabilità modificata a causa dei lavori per il passante, per la nuova stazione, o per la metropolitana. Tanto si perdeva lo stesso.
Ma la superstrada e quelle tre o quattro semplici vie le conosceva a memoria, a furia di farle due o tre volte a settimana, inizialmente sempre con l’ansia di sbagliare una rotonda e ritrovarsi all’improvviso per strade sconosciute che lo avrebbero condotto a vagare pericolosamente in centro, nella Ztl, di Milano.
Ripensò al motivo per il quale si era svegliato anzitempo. Aveva sentito delle urla provenire da fuori, vicino al palazzo, ma forse le aveva soltanto immaginate, o sognate, dato che in strada pareva tutto tranquillo e che la sua compagna non aveva dato segno di destarsi neanche per un secondo.
Tirò un’ultima nota alla sigaretta e gettò di sotto il mozzicone senza spegnerlo, poi tornò al fianco della sua fidanzata per le ultime due ore di riposo, prima della giornata lavorativa.
In realtà lui avrebbe potuto dormire di più, lavorava solo al pomeriggio, ma lei era legata gli orari dei mezzi pubblici e il suono della sveglia non concedeva alternative. Lui d’altronde, ne avrebbe avuto pure il tempo, non si sognava affatto di accompagnarla in macchina fino al lavoro attraversando la città, per poi doverla riattraversare in senso opposto tutto da solo e farsi preda del labirinto urbano, vittima della “pianta quadra” e delle sue innumerevoli insidie. Il suo amore per la ragazza era tale che non se la sentiva di darle questa apprensione. Lei ricambiava quel sentimento, e non gli chiedeva di farsi accompagnare.
Le 7:00 a.m. arrivarono implacabili e si dovettero alzare.
I tempi erano fantozziani, sveglia e caffè, scale, camminata veloce verso la fermata del tram raccontandosi i sogni fatti nella notte.
Lui le chiese se per caso, durante la notte, avesse sentito delle urla provenire da fuori, lei rispose di no.
Restarono insieme fino all’arrivo del 46 barrato, si diedero un ultimo bacio di saluto e lui promise che le avrebbe fatto uno squillo appena arrivato a casa, poi la vide salire e allontanarsi su quella fetta di polenta sferragliante, diretta verso i lavori in corso e le conseguenti deviazioni.
Mentre il tram si allontanava lento, circondato dai clacson, i fumi d’auto e il viavai di persone, s’incamminò verso la macchina per affrontare quei quaranta chilometri circa che lo separavano da casa.
Passò vicino al cantiere per il rinnovo della rete ferroviaria e vide le prime ruspe che si mettevano in azione. Poco più lontano stavano costruendo dei nuovi palazzi, vicino al recente cinema multisala e all’ennesimo centro commerciale. Quest’ultimo era strutturato come una città all’interno della città, aveva i suoi vari negozi specializzati e un supermercato, una pizzeria, un bar, una sala scommesse. Il tutto circondato da squallide mura in cartongesso che dividevano la piccola città dalla grande città, fatta di vari negozi specializzati, supermercati, pizzerie, bar, sale scommesse. Una sorta di matrioska capitalista che non dava scampo a nessuno. Chi più chi meno, era impossibile non cascarci.
Passava quindi accanto ai lavori in corso, presenti d’altronde in ogni dove, come in ogni città che si rispetti.
La città stava cambiando, crescendo, ed il suo mutato rapporto con Torino era significativo di come fosse cambiata la sua vita.
Un tempo Torino era passare la nottata ai Muri in condizioni psico-fisiche alquanto discutibili, ma soddisfacenti. Era arrivare in quella specie di disco-music-rockalternativo-pub, o quello che era, già ubriaco e fumato, con amici messi peggio di lui. E poi non riuscire ad entrare perché era “giovedì” e ci voleva la tessera. ( tra le righe: ragazzini sballati? È il sabato la vostra serata, tornate dopodomani )
Un tempo Torino era solo la ricerca “del porcaro” per un salutare panino salsiccia e crauti. Ovviamente subito dopo aver visto il caro vecchio Mohammed per una questione di affari.
Insomma, le sue “gite” in città erano sempre state parte di una vita che alcuni avrebbero definito sregolata ed eccessiva, e se approfondiva i ricordi erano in effetti molti gli episodi decisamente sregolati ed eccessivi a cui aveva assistito o partecipato. Da quello in cui fuggiva di corsa a causa di un senegalese incazzato che voleva rubare la collanina d’oro al suo amico, a quello che aveva comportato un veloce defilarsi attraverso il retro di un locale di Corso Vercelli per un improvviso blitz della polizia.
Ma ora non era più così, da diverso tempo. Da quando aveva conosciuto e iniziato ad approfondire il rapporto con quella ragazza, la sua vita aveva preso una piega apparentemente più convenzionale. Sicuramente meno avventurosa, forse più adulta.
Ora a Torino andava solo più per passare del tempo con lei: qualche mostra d’arte, qualche concerto quando capitava il nome o il gruppo giusto, ma soprattutto serate in appartamento a guardare un film in cassetta dopo una spartana cena. Ciò non significa che tutto questo fosse per forza meno pericoloso di una contrattazione notturna con un clandestino strafatto di coca, ma di certo offriva emozioni diverse.
Era felice di questo cambiamento nella sua vita. Le cose si erano fatte più serie ed aveva come l’impressione di essere riuscito a saltar giù appena in tempo da una giostra che girava troppo in fretta.
Perso in simili pensieri, arrivò alla macchina ed ebbe subito una spiacevole sensazione. Avvicinandosi alla vettura vide quella specie di fagiolo nero di plastica, il pirulino che indica la chiusura della portiera, alzato. Avvicinandosi ancora di più vide il vano portaoggetti aperto, ed un cd sul sedile.
La situazione era chiara.
Avevano forzato il nottolino della serratura e gli avevano svuotato la macchina. L’unica cosa rimasta era quel cd sul sedile.
Forse i ladri erano stati disturbati da qualcuno ( ripensò alle urla della notte ) e quel cd era rimasto lì per caso.
Forse ai ladri faceva cagare, quel cd.
Pensò a cosa gli avessero effettivamente rubato: dei cd, tanto per restare in tema, e basta. Ah no, anche un pacco di sigarette. Un magro bottino, ad essere obiettivi.
Comunque gli rodeva, erano quasi tutti originali, ed alcuni decisamente introvabili.
Riuscì tranquillamente ad aprire la portiera e a salire in macchina, dopo un minimo sconvolgimento iniziale cominciò a rilassarsi e a sentirsi persino fortunato. Avrebbero anche potuto rubargli tutta la macchina, o lasciargli qualche preservativo usato sui tappetini e qualche siringa piantata sul cruscotto.
Invece era tutto a posto.
Inoltre, faccenda non da poco, nonostante le sue nuove convenzionali abitudini, aveva un nuovo episodio di vita vissuta a cui far riferimento.
E qualcosa da ascoltare durante il viaggio di ritorno.
Inserì il frontalino dell’autoradio e in essa il sopravvissuto cd, accese la macchina e partì, dirigendosi verso nord. Più a nord di quanto già non si trovasse.
Richi Selva
Come sempre, Richi scrive cose meravigliose.
Troppo buono Silas, onorato. :)
Richi Nord, che sia chiaro: il racconto merita, ma in effetti quel cd faceva cagare...(ninja)
mitrhil, delle perversioni di richi con cristina d'avena ne parleremo in futuro...
Ridatemi Fivelandia, cazzo!!!
Richi Nord, fra l'altro, aveva promesso al sottoscritto un racconto. Ma ovviamente non ha mantenuto. Preferisce gli svogliati, me ne farò una ragione.
ehi ehi ehi, qui si parla di contratti in esclusiva, con milioni, che dico milioni, tonnellate di boccali di birra per la rescissione. Chiamerò il mio avvocatovolante se notassi movimenti sbagliati!! (ninja).
ps. Silas, su dai, una cassa di forst e siamo apposto per il prestito.
Che Richi scriva gran bene, è un dato di fatto.
E io me lo godo ogni volta.
Ma qui si parla di tre racconti tre, di tre autori tre. Posso sperare che almeno uno sia Abu?
@Valeria: :) grazie!
@Silas: il racconto in questione è antecedente alla promessa nei tuoi confronti. Non dubitare. E' solo che ho tempi biblici. ;)
Volete che consegni la cassa di birra insieme alle escort che avete ordinato oppure faccio due bolle distinte?
Uhmmm per le escort usa il "solito canale", grazie.
@borlafia: dopo informazeide, propongo un intero ciclo di racconti sulle possibili perversioni di Richi su Cristina D'Avena...(ninja)
Finalmente ho trovato un minuto per leggerlo.
Bello.
:)
Finalmente anch'io.
Torino è una città che mi affascina da tanto. Ho letto tanti autori torinesi, da Fruttero e Lucentini a Stefania Bertola, per dire. Detesto Milano quanto mi piace Torino, a prescindere. E in generale apprezzo i torinesi, e una certa parte di piemontesi, in senso lato, tanto quanto mi stanno, genericamente, sulle palle, i milanesi, e una certa quota di lombardi, in senso lato. Pregiudizialmente. A naso. A pelle.
Perché non ci sono mai stata, a Torino, ma sento che mi chiama, da tanto tempo.
Questo racconto bellissimo, denso di umori, forse mi farà capitolare.