Quello arriva, si siede davanti a me e comincia a parlare. “La perizia di variante la vedi? Non si capisce com’è, ma non c’è. E poi, un attimo”. Mette una mano sulla ventiquattrore lisa che s’è portato dietro, la apre ed è uno straripamento: fogli che volano sulla scrivania, altri a terra, tutto intorno a raggiera. Ma quello non si scompone: “Eccola. La vedi questa lettera? È del 24 aprile 2002. Guarda la firma”. L’ingegnere Lo Iacono, il direttore compartimentale dell’Anas: all’epoca era un modesto funzionario. “Lo Iacono il 24 aprile 2002 mette nero su bianco che no, lo svincolo non è a norma”. Legge: “Si segnala pertanto alle Signorie Vostre, eccetera eccetera, che la strada è larga metri sei e centimetri novantacinque, eccetera eccetera, ai sensi del dippièrre numero trecentottanta del sei giugno duemilauno, eccetera eccetera, si nega il collaudo statico delle opere di cui in oggetto”. Appoggia il foglio, soddisfatto. Prepara il coupe de théâtre: “Dodici giorni dopo, il 6 maggio, tutto è cambiato”. Un altro foglio spunta dalla borsa: “Come da Vostra richiesta, eccetera eccetera, si trasmette verbale di avvenuto collaudo”.
In effetti è strano. “Cosa è cambiato, sangu me?”. Panepinto ha questo vizio: ogni tanto l’agrigentino che è in lui si impossessa della sua lingua e lo spinge a chiamarmi “sangu me” anche se, in effetti, non è che ci conosciamo così tanto. “Niente: ho misurato la strada. 'Metri sei e centimetri novantacinque', come scriveva Lo Iacono la prima volta, non otto come dovrebbe essere”. Do un’occhiata ai documenti: in effetti questa volta Panepinto ha tutte le pezze d’appoggio. Sembra pazzo, ma forse non lo è. “La vuoi sapere la cosa più assurda? La prima carta l’ho fotocopiata subito, per fortuna. Adesso non c’è più: è sparita dal protocollo del Comune di Racalmuto, all’Anas, alla prefettura, niente. Praticamente non è mai esistita, c’è un buco nel protocollo”. Racalmuto, che posto: la mafia agraria che si intreccia con la massoneria, un guazzabuglio di trame losche e affari inesplorabili. “Due settimane dopo, lunedì 20 maggio 2002, la strada è stata innaugurata”. Lo dice così, con due “n”. Lo ribadisce: “L’hanno innaugurata in quattro e quattr’otto, Lo Iacono ha fatto carriera e tutti contenti”. Tutti contenti 'sta minchia: in otto anni, in quello svincolo costruito a cazzo di cane, sono morte 27 persone.
Faccio le fotocopie, rassicuro la mia fonte. “Mi dia qualche giorno e questa la mettiamo in prima pagina”. In prima pagina: se ne parlo al caporedattore quello si mette a ridere. “Devo fare un paio di verifiche, lo capisce. E poi devo chiedere a Lo Iacono cos’è cambiato in quelle due settimane”. “Dodici giorni”, puntualizza Panepinto. Lo tranquillizzo: “Dodici giorni”.
Il numero lo conosco a memoria. Facile: è uguale al numero di mia madre col 347 al posto del 338. “Ingegnere Lo Iacono?”. Mi risponde la voce cupa del numero uno dell’Anas. “Come va, dottore Bruno?”. “Tutto a posto, ingegnere. Volevo chiederle...”. Pausa. “Come è finita con l’appalto del completamento della scorrimento veloce?”. Quell’appalto è da richiamo in prima: una strada finalmente veloce collegherà i tre capoluoghi di provincia della Sicilia occidentale, cantieri per 720 milioni di euro, lavoro per qualche migliaio di operai. “L’abbiamo assegnato l’altro ieri”. E certo: il sottosegretario Calascibetta vuole un mega-spot in vista delle elezioni. “Passi da me mercoledì, così le do tutti i dettagli”. “Grazie, ingegnere”. Riattacco e guardo i documenti di Panepinto, li rileggo, li metto in un cassetto. È la stampa, sangu me.