Autunno Tiepido #2

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Si rientra in città per un nuovo anno di lavoro. Come cambiano i tempi! Prima le favole
cominciavano con “C’era una volta”.
(borges)

C’era una volta un suono di risacca come un invito gentile ma impossibile da rifiutare.
Comincia su una spiaggia, la mia favola.
E con le stelle che punteggiano il soffitto scuro della notte. E un’acuminata falce di luna pronta a bucare le nuvole che oseranno avvicinarla, dispettosa come il ghigno dello stregatto.

Poi il viaggio. Così continua la mia favola.
Un viaggio intrapreso in tanti, su una spiaggia illuminata da uno spicchio di luna. Gente che ha affrontato l’ira dei flutti e sconfitto insidiosi mostri marini, ciclopi metallici dall’occhio lampeggiante e la voce acuta e minacciosa di una sirena malevola - gomito a gomito, durante la battaglia, fino a non saper più distinguere il proprio sudore da quello dei compagni.
E lo sbarco nella terra della speranza, come la chiama la mia principessa, ora lontana.
“Non è una separazione, ma uno scambio: barattiamo il passato per il futuro”, mi dice mentre mi bacia e chiude il mio pugno sulla sua fede nuziale da donare agli dei del mare perché mi aiutino durante la traversata.

E il contatto con gli abitanti della nuova terra.
Sotto uno dei loro totem, che comunica loro come muoversi cambiando magicamente colore, li vedo rallentare e poi fermarsi, all'interno delle loro piccole case mobili. Li vedo canticchiare, sistemarsi i capelli, sbadigliare, chiacchierare gesticolando. Li imparo.
Quando mi rivolgono la parola è per monosillabi. A separarci sembra esserci ben più di un vetro offuscato dalla polvere e dal maltempo.

Non mi resta che raccontarvi della reggia.
La reggia in cui spero di poter presto ospitare la mia principessa.
A costruirla mi aiuta K, conosciuto qualche mese dopo il mio arrivo. Anche K viene da lontano e con lui, e altri otto fedeli compagni, condivido il lavoro alla reggia di giorno, e una camera durante la notte. E' più vecchio di me, e più esperto, ma ha deciso di essere il mio scudiero.
Mentre tiriamo su una delle cupole - alta alta che ti aspetti di trovare le stelle a punteggiarla e una falce acuminata di luna come lampadario, appena completata - scherziamo sulle nostre nuove armature macchiate di calce e cemento e sugli elmi che non ci sono ancora stati consegnati.
Io, cavaliere, imparo dal mio scudiero come sfidare un soffitto a colpi di pennello.

Infine sono disteso qui.
K è accanto a me, come sempre, e si lamenta sotto il peso dei calcinacci. Forse ha ceduto la cupola, forse il ponteggio. Cosa conta saperlo? Il mio futuro, e quello di K, lo vedo nelle facce dei ragazzi della squadra che si affannano intorno a noi. Il mio passato è immobile, qualche centimetro dietro le mie pupille, cristallizzato in poche istantanee.
Non è stato un gran baratto, penso.
Penso che la mia favola finisce come iniziano quasi tutte le altre, com'è iniziata la mia: c’era una volta.
C’era una volta, penso. Poi crollò.

abulafia

Questo post è troppo cileno.

In che senso Mb?

cileno? volevi dire cambogiano eh?

Allegorico e immediato.
Efficace.
Mi piace.

http://www.repubblica.it/esteri/2010/08/08/news/cile_34_minatori_in_una_miniera_sono_intrappolati_da_48_ore-6150668/

Ma solo perché non voglio che l'autore del post si faccia male. Avrei potuto dire venezuelano: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2010/08/24/visualizza_new.html_1790748175.html

(Oh, non lo so, sono semplicemente fissato con le associazioni di idee).

Allora, Mb, diciamo che il tuo era un commento greco ;). E visto che l'autore del post puoi anche darmi del tu, se te ne avanza qualche pezzo.

@Gab: Grrrrazie!

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