Per esempio guardiamo la FIAT: per contenere i costi e i tempi si basa sulla cancellazione dei diritti degli operai, nota classe privilegiata del paese.
(borges)
Quando me lo chiedono, dico sempre di provenire da una famiglia operaia, ma non è vero. Mio padre era un impiegato. Ma come si può dire di appartenere a una famiglia impiegata? Impiegata a fare che? E poi, cavolo, tutti i crismi della famiglia operaia potevamo vantarli. C’era la Madre casalinga. La Fiat Uno comprata con quarantotto cambiali. La casa in affitto. Niente vacanze, mai, solo una spola ininterrotta con la spiaggia due settimane l’anno. Gramsci e Marx sulle mensole della libreria e i Gialli Mondadori sul comodino. Paese Sera, la tv sempre accesa, le imprecazioni contro il governo e l’ulcera gastrica di mio padre.
Quando me lo chiedono, dico sempre di provenire da una famiglia operaia, ma non è vero. Mio padre era un impiegato. Lavorava per la Sip, l’azienda dei telefoni. Ma avvertiva l’importanza di lottare per ottenere dei riconoscimenti. Non regali, ma naturali diritti. Scioperava quando i metalmeccanici scioperavano, manifestava qualora i metalmeccanici manifestavano, scendeva in piazza se i metalmeccanici scendevano in piazza. E la domenica, per vestirsi a festa, indossava una tuta da metalmeccanico. Anche se la sua catena di montaggio si limitava alla grattugia per il formaggio e a Novantesimo Minuto. Diceva che affermare i diritti degli altri equivaleva ad affermare i propri.
Quando me lo chiedono, dico sempre di appartenere a una famiglia operaia, ma non è vero. Sono un impiegato e mia moglie anche. Ma non sono così diverso da un operaio. Una casa in affitto. Una Fiat Panda presa a rate. Un figlio alle elementari. Bollette che pago sempre dopo la scadenza.
Acquisto equosolidale quando riesco a permettermelo, ho magliette giganti col faccione di Che Guevara per aggirarmi in casa. Chomsky sugli scaffali e Batman sul comodino.
E mi rifaccio agli ideali di mio padre. Credo che i diritti degli operai vadano tutelati, anche quando pretendono un po’ troppo. Ritengo ingiusto che le aziende sacrifichino i lavoratori prima di tutto il resto, nonostante capisca che delocalizzare nell’est Europa sia conveniente. Sono convinto che l’articolo 18 vada difeso, per quanto lavori per un’azienda con meno di quindici dipendenti.
Quando me lo chiedono, dico sempre di appartenere a una famiglia operaia, ma non è vero. Lavoro in ufficio per una piccola azienda. Tre settimane di ferie e regali a Natale. Nel freezer una vaschetta di plastica per fare i cubetti di ghiaccio. Una parabola per il satellite.
Sia chiaro, non mi giudico per quello che posseggo, solo non vorrei essere giudicato per quello che non posseggo.
Quando i lavoratori della Fiat scioperano, io sono con loro. Quando la Fiom scende in piazza, io sono con loro. Quando la Cgil manifesta a Roma, io sono con loro. Certo, non indosso la tuta da metalmeccanico. E magari vado a lavorare. O mi concedo una giornata al mare mentre urlano slogan e soffiano nei fischietti. Ma col cuore sono con loro. E talvolta, addirittura, partecipo. Se capita di sabato e non sono costretto a prendermi un giorno dall’ufficio, e se il tempo lo concede, partecipo. Ne approfitto per un gelato in piazza Navona con mio figlio. Gli mostro i suonatori di bongos e quelli coi tromboni e le tube. Lui ride.
Il lunedì me ne torno in ufficio e seguo le vicende sindacali al telegiornale. I lavoratori delle grandi aziende vengono licenziati, trasferiti, messi in carico allo Stato, così protestano. Credo che facciano bene. Ma prima o poi si arrenderanno e dovranno cercarsi un’altra occupazione, non possono protestare per sempre.
Arriverà il momento in cui dovranno andare a lavorare.
Non indosso tute antinfortunistiche. Non finisco in cassa integrazione. Non ho la tessera del sindacato. Io non appartengo a una famiglia operaia.
Il problema è che il pubblico impiego ha dimenticato di essere operaio. Che gli impiegati, dovunque essi s'annidino, adesso si credono quasi imprenditori, non quasi lumpen.
Solo un elemento condividono con gli operai: votano Lega.